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Lo sviluppo sospeso
di Sandro Petriccione
Il periodo compreso tra la fine del decennio della ricostruzione, che fu identificato con quello del “miracolo economico italiano”, e la crisi economica internazionale provocata dall’aumento improvviso del prezzo del petrolio, è anche quello della creazione nel Sud di nuovi grandi impianti industriali nel quadro della politica dirigista seguita dai governi di centro sinistra fondati sull’accordo tra socialisti e democristiani e che aveva nonostante i suoi errori cambiato il volto industriale dell’Italia.
Ad alcune tra le più importanti vicende di questo periodo è dedicato il libro dal sottotitolo molto impegnativo “Il Mezzogiorno e l’impresa pubblica 1948-1973”1. Il primo periodo che va fino all’inizio degli anni Sessanta del XX secolo è solo una lunga premessa al successivo periodo della grande industrializzazione e comprende i primi anni della Cassa per il Mezzogiorno e alla sua nascita che viene giustamente legata agli sforzi di Menichella – e di De Gasperi –; allo stesso tempo l’autore mette in notevole risalto le argomentazioni di rigida e certamente – a nostro avviso – non costruttiva opposizione del partito comunista, mentre ci sembra non dare rilievo a tutto il pensiero politico democratico meridionale e dei contributi, a cominciare da quello di Ernesto Rossi (si veda il suo articolo sul «Corriere delle Sera» quando fu approvata la legge sulla “Cassa”) e successivamente di Giuseppe Galasso e di altri che dettero alla politica speciale per il Mezzogiorno – e alla “Cassa” che ne era il principale strumento operativo – sostegno e valutazioni talvolta critiche ma sempre volte a rendere più efficace l’attività di sviluppo delle regioni meridionali.
È del resto naturale che, trattando delle iniziative dell’impresa pubblica nel Sud sia data particolare attenzione alla “Cassa” ed al suo rapporto con l’industrializzazione come si è configurato nel corso degli anni ma specialmente nel periodo della grande industrializzazione. Ed infatti l’Autore nella prima parte del libro, descrive dettagliatamente l’inizio del c.d. “intervento straordinario” e tra l’altro si sofferma sulla biografia dei suoi principali protagonisti chissà perché dimenticando quella del dinamico ed accorto presidente della “Cassa”, Gabriele Pescatore, che viene relegato nelle note.
Si deve però osservare che mentre tanta attenzione è riservata alla nascita della “Cassa” non altrettanta lo è alla sua trasformazione all’inizio degli anni Sessanta del XX secolo da ente per l’attuazione di un colossale programma di infrastrutture anche a importante strumento di supporto finanziario e di creazione di specifiche infrastrutture per la grande industria. Del resto è lo stesso sottotitolo del libro che dà una impressione ingannevole; non si può trattare l’argomento “Mezzogiorno e impresa pubblica” solo con qualche fugace accenno al settore della petrolchimica che è stato, insieme alla siderurgia, al centro dell’intervento dello Stato e che ne ha determinato l’ampiezza. In effetti salvo la lunga premessa il libro tratta due casi di grande importanza: l’Italsider di Taranto e l’Alfasud di Pomigliano tutti e due nell’ambito IRI, che sono esaminati approfonditamente con una accurata documentazione, ma che certamente non consentono da soli di dare un giudizio su tutta l’industrializzazione forzata del Sud nella metà del XX secolo.
Infine quella certo non commendevole pagina della contrattazione programmata che dette origine ai cosiddetti “pacchetti Sicilia e Calabria” le cui decisioni, prese, spesso improvvisate, per far fronte a disordini a livello locale, comprendevano anche l’impianto siderurgico che doveva sorgere a Gioia Tauro e per il quale la “Cassa” costruì costose infrastrutture che sono rimaste inoperose, non trovano nel libro alcun cenno. È anche da osservare che la teoria degli “oneri impropri”, cioè dei maggiori costi che lo Stato era chiamato a sopportare per l’ubicazione degli impianti nel Sud e che riguardava in particolare l’IRI, non viene neppure ricordata.
Come si è osservato il libro, pur così preciso nella descrizione e nella critica dell’Italsider di Taranto e dell’Alfasud di Pomigliano, non tratta se non di sfuggita il grande sforzo dell’ENI per lo sviluppo della petrolchimica ed in particolare della produzione di etilene e in minor misura di propilene da steam cracking che si affianco alle analoghe iniziative di Rovelli.
In definitiva il libro, interessante per la documentazione e l’analisi dei due importanti casi trattati, non dà una risposta al quesito posto dal suo sottotitolo cioè una valutazione e un giudizio su quel grande disegno economico e politico che è stata l’industrializzazione forzata delMezzogiorno nel periodo attorno agli anni Sessanta del XX secolo.




NOTE
1 Augusto De Benedetti, Lo sviluppo sospeso. Il Mezzogiorno e l’impresa pubblica 1948-1973, Rubbettino, Soveria Mannelli 2013.^
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