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Una “nuova†introduzione all’Islam
di
Carole Hillenbrand
Il 6 novembre, dello scorso anno, si è avviato a Napoli al Teatro Bellini, con una conversazione di Franco Cardini su “Islam e Occidenteâ€, un ciclo di lezioni di storia organizzato dall’editore Laterza. Seguiranno altre lezioni aventi a tema il Mediterraneo e il suo Oriente. Un tema, cioè, fra i più adatti al Mezzogiorno, che nel Mediterraneo e in rapporto col relativo Oriente è sempre vissuto, e a Napoli, dove c’è al riguardo una illustre tradizione di studi. Che poi un tale ciclo partisse dall’Islam era quasi scontato.
“L’islam – ha scritto di recente Carole Hillenbrand, Islam. Una nuova introduzione storica, edito da Einaudi – è la meno compresa e, al momento, la più temuta delle religioni del mondo. I non musulmani hanno di essa delle idee stereotipate: moltissimi sono totalmente analfabeti sotto il profilo religioso e culturale per quanto riguarda l’islam e i musulmani: una situazione deplorevole che permette di dare un’enfasi sbagliata alle terribili azioni dei terroristi che stanno umiliando la religione di oltre un miliardo e seicento milioni di persone nel mondoâ€.
Sono parole della conclusione del libro della Hillebrand, che è uno dei migliori contributi recenti a una informazione ben fondata circa la reale natura di una fede e di una pratica religiosa che hanno ormai 1400 anni alle loro spalle, e che sono qui giustamente presentate come realtà che nel corso dei secoli hanno avuto numerosi sviluppi, anche se il nucleo essenziale del credo islamico, è rimasto quello enucleato da Maometto.
Lo stesso è accaduto, come si sa, con il cristianesimo e con l’ebraismo, le altre due religioni monoteistiche fiorite fra il Mediterraneo e il Vicino Oriente. Ragion per cui, parlando di queste religioni, è sempre indispensabile mostrare (dice la Hillenbrand) “come il presente sia stato plasmato dal passatoâ€. Inoltre, non solo l’islam mostra di essersi evoluto nel corso del tempo, ma mostra al suo interno anche una varietà di posizioni e di indirizzi, per cui non lo si può considerare come un blocco ideologico-religioso omogeneo. E anche in ciò la similarità col cristianesimo e l’ebraismo è fortissima (anche se, a mio avviso, la diversità interna al cristianesimo è stata maggiore, grazie a una storia che, specie in età moderna, si è fatta molto più dinamica e innovativa).
La varietà interna non è, però, importante solo per il passato. La Hillenbrand, in un’ampia “postfazioneâ€, ne fa, giustamente, un criterio di analisi anche per il presente, e in particolare per l’Europa. Qui la massiccia immigrazione di masse di musulmani è coincisa col divampare nell’islam di un estremismo fondamentalista e terroristico, che ha provocato un comprensibile allarme nei paesi europei in cui è molto facile colpire obiettivi delicati e provocare stragi e lutti fierissimi. La Hillenbrand nota qui che le vecchie “politiche coloniali stanno raccogliendo oggi frutti amariâ€. Non mi pare, però, che ella riesca a spiegare come mai, pur essendovi in Europa grandi diversità di posizioni fra gli islamici che vi sono presenti, e pur essendovi fra loro una diffusa condanna e ripulsa dell’estremismo e del terrorismo, ciò appaia “poco rilevante†agli occhi degli europei, dai quali le voci dell’islam lontano da estremismo e terrorismo “raramente sono ascoltateâ€.
In effetti, la Hillenbrand ha per intero il senso del pericolo dell’estremismo terroristico per la pace e per un minimo di ordine internazionale in uno spazio che va ben oltre quello dei paesi islamici, e in specie da quando l’ISIS si è impossessato “di installazioni petrolifere e di una vasta quantità di armamenti, così come di ingenti risorse finanziarieâ€. E, soprattutto, ella non risolve tutto con le solite litanie sulle colpe degli occidentali, che sarebbero i soli ad aver provocato gli odierni, terribili eccessi. Neppure, però, si può ridurre tutto il problema del fondamentalismo estremistico e terroristico alla millenaria contrapposizione di sunniti e sciiti o ad altre particolari ragioni interne all’islam, giacché il discorso è al riguardo molto complesso.
Qui entrano, infatti, in gioco elementi e fattori che riguardano tutte le espressioni del mondo islamico, anche le più moderate. C’è qualcosa al riguardo su cui in cui quel mondo non si è venuti davvero in chiaro. Qualcuno ha detto che la chiarezza sarà raggiunta quando alla Mecca si potrà costruire una chiesa cristiana analoga alla grande e bella Moschea eretta in Roma a due passi dal Vaticano. Qualche altro chiama in causa i paesi musulmani, che solo di recente stanno assumendo una parte davvero attiva nella lotta sul campo, in concreto e non solo a parole, contro estremisti e terroristi. Altri dicono altre cose. Noi non vogliamo entrare nel merito della questione. Diciamo solo che, se le voci dell’islam moderato sono ascoltate solo raramente, come la Hillenbrand lamenta, una ragione vi dev’essere, e questa ragione non può consistere solo in un’ostinata sordità europea e occidentale. Insomma, come da parte occidentale, così da parte islamica molto è ancora da fare per raggiungere quella reciproca compatibilità che non è affatto una pia utopia.
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