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Per il mercato finanziario unico
di
Antonio Maccanico
Tre notizie che hanno riguardato i mercati finanziari internazionali credo meritino di essere richiamate: quella di un accordo NYSE-EURONEXT, e cioè di un accordo transatlantico tra borse americane ed europee proprio quando i ministri dell'economia di Italia e di Germania Padoa Schioppa e Steinbruck avevano sostenuto la urgente necessità di una Borsa europea unificata (intanto Deustche Borse ha rinunciato alla fusione con Euronext); quella della intesa tra le sette maggiori banche di affari americane ed europee per scambi di titoli in via diretta; quella del superamento nel mercato degli IPO (Initial pubblic affairs) di Wall Street, da parte delle piazze di Londra e Hong Kong.
Si tratta di tre fatti che meritano una riflessione in Europa, ove la esigenza della integrazione dei mercati finanziari, della creazione del mercato finanziario unico diventa sempre più pressante ai fini della realizzazione di un grande mercato di dimensioni continentali, condizione non rinunciabile per una politica di sviluppo e di crescita.
I tre nuovi dati di fatto indicano che nel capitalismo finanziario è presente una esigenza molto forte di ampliamento transatlantico del mercato e che i "regulators", i regolatori del mercato hanno crescenti responsabilità di fronte ad una tendenza sempre più marcata in questo campo alla contrattualizzazione.
E' significativo che tra le regioni del down-grading di Wall Street rispetto a Londra e Hong-Kong sia annoverata la legge Sarbanes-Oxley, per la normativa assai severa che contiene sulla governante delle società di capitale. Il rapporto della Commissione nominata dal Segretario di Stato al Tesoro Paulson ha rilevato che la Sec non cura a sufficienza il rapporto cosi-benefici delle proprie deliberazioni.
Una riflessione sui problemi di regolamentazione e di vigilanza del mercato finanziario europeo è opportuna anche perché, dopo la pausa di riflessione seguita ai due referendum sul trattato costituzionale in Francia e in Olanda, è in vista di una ripresa del processo di integrazione europea, che dovrebbe avere inizio con il semestre di presidenza tedesca nel 2007 e concludersi con la presidenza francese del secondo semestre del 2008.
Si tratta cioè di fare in modo che alle elezioni europee del 2009 il cammino della integrazione sia rimesso completamente in moto. E una delle priorità da affrontare in questa nuova fase (accanto ai problemi del Trattato costituzionale, dei confini dell'Europa, della politica estera e di difesa comune) v'è sicuramente quello del consolidamento dell'area Euro, del mercato unico, e della politica di sviluppo e crescita della Unione.
Sarà in questo quadro inevitabile una valutazione dello stato di attenzione del Financial Services Action plan e delle iniziative prese sulla base del rapporto Lanfalussy in tema di regolamentazione e vigilanza del mercato finanziario.
La procedura proposta dal rapporto Lanfalussy si snoda come è noto in quattro livelli: il primo è quello della normativa primaria di principio, (in genere di armonizzazione normativa); il secondo è quello delle disposizioni di attuazione, alle quali collaborano i comitati Cesr ed E.S.C.; il terzo è quello teso ad assicurare la uniformità interpretativa nel recepimento della normativa primaria e secondaria; il quarto è quello dell'enforcement.
Si tratta di una procedura che tende a realizzare un notevole coinvolgimento anche dei soggetti interessati, quali gli intermediari, e quindi suscettibile di introdurre ostacoli al processo concorrenziale. E' perciò definito metodo della "comitologia" o della comitatomania.
Non è certo mia intenzione, né mi pare la sede, per esprimere una valutazione sull'esperienza fatta in questi anni a partire dal 2001, e cioè dalla data di nascita del rapporto Lanfalussy; ma è evidente che le quattro direttive primarie emanate dalla Convenzione (quella abusi di mercato, quella sul prospetto, detta prospectus, quella relativa ai mercati degli strumenti finanziari, quella sull'organizzazione degli obblighi di trasparenza) sono state recepite solo parzialmente dai paesi dell'Unione; e che le procedure affidate ad una macchina burocratica assai complessa sono troppo lente per la normazione di un mercato in continua rapida evoluzione.
Non si può sottacere anche una certa contaminazione politica insita nelle direttive. E' difficile dire se la creazione di una certa autorità di un European Securities Regulator, con poteri di regolamentazione e di vigilanza sia la soluzione più realistica. Ma è certo che questa ipotesi è degna di essere accuratamente valutata. E il modello da tenere presente forse è più il Sistema europeo di banche centrali che quello della SEC o del F.S.A.. A fronte della tesi della necessità preventiva per questo obiettivo di assicurare un più alto livello di armonizzazione normativa negli ordinamenti nazionali, è proprio l'esempio del sistema europeo di banche centrali, che smentisce questa necessità .
Quel sistema non ha richiesto questa armonizzazione preventiva.
I vantaggi dell'autorità unica sono intuitivi: migliore allocazione delle risorse umane, più facile correzione delle asimmetrie informative, vantaggi notevoli per le imprese multinazionali e le società di investimento che troverebbero un interlocutore unico.
Non si nascondono ovviamente le difficoltà , prima fra tutte che questa istituzione implicherebbe una riforma del Trattato.
E certamente vi saranno resistenze nazionali abbastanza robuste.
Ma è innegabile che il mutuo riconoscimento e l’home country control non ci hanno dato un vero mercato comune e non ce lo daranno, e che cercare altre vie è doveroso.
Per quanto riguarda l'Italia sarebbe bene che la nostra cultura giuridica approfondisse questo tema anche per orientare le posizioni di governo. Un mercato finanziario europeo più efficiente ha una importanza, anche politica, non certo secondaria.
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