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Storia di un processo intorno a un recente volume di Massimo Ferrari-Zumbini
di Vincenzo Pinto
La figura di Friedrich Nietzsche è una di quelle giustamente considerate al centro del dibattito storico-filosofico dell’ultimo secolo. Lo si deve in parte allo stile della sua prosa, in parte alla tragica conclusione della sua vita mentale e, forse, in parte alle innumerevoli considerazioni di volta in volta effettuate sulla sua afferenza politica, intellettuale e filosofica. È questo il tema al centro della ponderosa «storia degli effetti» redatta da Massimo Ferrari-Zumbini. Ibrido studioso di cultura tedesca, un po’ storico, un po’ filosofo e un po’ filologo, autore di vari studi sulla figura di Nietzsche (in particolare, sulla ricezione da parte di Oswald Spengler)1 e di una monumentale storia dell’antisemitismo tedesco da Bismarck a Hitler2, l’autore ha deciso di dedicare un intero volume alla storia del processo politico comminato al contumace Nietzsche durante il secolo scorso. L’aspetto indubbiamente innovativo di questo lavoro consiste nell’aver gettato chiarezza in un dibattito spesso confuso e poco professionale, dove le passioni politiche si mescolano alle strumentalizzazioni di parte, dove i processi hanno spesso avuto la meglio sui pensieri.
Il volume di Ferrari-Zumbini segue una scansione tipologica e cronologica. La parte iniziale presenta ai lettori un’utile schematizzazione intorno alle differenti fasi della ricezione nietzscheana, tutte ruotanti grossomodo intorno al rapporto (o presunto tale) tra il filosofo e il regime nazista: 1) la «fase Baeumler» (1933-45); 2) la «fase Lukács» (1945-67); 3) la «fase Montinari» (1967-2001); 4) la «fase Losurdo-Mittmann» (2002-?)3. Detto questo, l’autore chiarisce qual è l’obiettivo e il metodo del suo studio:
L’obiettivo della ricerca non è, quindi, l’ennesima indagine sui «fraintendimenti» del pensiero di Nietzsche in ambito politico, con al centro il nazismo. L’obiettivo non è l’interpretazione del pensiero di Nietzsche, ma la storia della sua ricezione politico-ideologica, cioè quello che abbiamo chiamato il «processo politico4.

L’autore, che ammette di sposare i dettami della «teoria della recezione» della scuola di Costanza (che si occupa soprattutto dell’«orizzonte d’attesa» del «lettore implicito»), ritiene esiziale tenere ben a mente tre aspetti del processo politico intentato a Nietzsche: 1) le interpretazioni heideggeriane (alla base della c.d. terza fase); 2) il problema filologico; 3) il distinguo tra ricezione degli interpreti e ricezione del pubblico. Solo in questo modo è possibile giungere alla fase suprema e – forse – ultima del processo politico contumace, rappresentata dalle interpretazioni di Losurdo e Mittmann. Le quali, però, vanno contestualizzate alla luce di tre argomenti: 1) i falsi di Elisabeth Förster-Nietzsche e la loro ricezione tra i lettori; 2) la loro valutazione da parte di Montinari; 3) una verifica della ricezione ideologica in epoca nazista, ivi compreso il nazismo antinietzscheano5.
È fuor di dubbio che all’autore interessa la parte più scabrosa e politicizzata del caso Nietzsche, ovvero la storia processuale del suo rapporto con l’antisemitismo, cioè con tutta quella serie di interpreti e/o lettori che hanno cercato di veicolare un’interpretazione nietzscheana sulla questione ebraica nella Germania novecentesca. In tal senso, la sua può essere considerata una storia dell’antisemitismo di Nietzsche, messo sotto processo dalla storia europea a seguito del crepuscolo della Germania nazista. Tutta la storia della ricezione nietzscheana è dunque una storia delle letture antisemite fornite e fornibili a partire dall’opera del filosofo sassone.
Come ha esplicitato nella sua premessa metodologica, il volume segue un percorso cronologico e tipologico. Parte da un’analisi accurata del lavoro di raccolta documentaria effettuato da Elisabeth Förster-Nietzsche e dal suo archivio di Weimar, che copre grosso modo i decenni intercorsi tra la pubblicazione della raccolta postuma Volontà di potenza e i pellegrinaggi di Hitler a Weimar6. L’autore individua tre ulteriori fasi nella ricezione politica nietzscheana precedente il nazismo, caratterizzate dalle figure di Henry Kessler (1895-1914), Werner Sombart (1914-1918) e Oswald Spengler (1918-1930)7. La «fase Baeumler», fortemente voluta da Alfred Rosenberg, segna la progressiva «urbanizzazione» della figura nietzscheana nel pantheon dei precursori/padri del movimento hitleriano, malgrado l’esistenza di forze contrarie a questo innesto all’interno dell’universo nazista (i «nordici», i wagneriani e, soprattutto, Christoph Steding e il Reichsinstitut)8.
La ricezione politica nazista di Nietzsche si conclude con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, dove le priorità per il regime diventano ben altre. La divisione della Germania lascerà poi lo spazio a una condanna senza attenuanti della sua figura condotta nell’ex DDR sulla base della lettura lucácciana9. Prima di interrogarsi sulle successive periodizzazioni, all’autore preme chiarire una volta per tutte il ruolo di Elisabeth e il rapporto tra il fratello Friedrich e gli ebrei: da un lato è bene sottolineare come l’ambizione della sorella fosse quella di rendere Nietzsche un filosofo di fama europeo, non il corifeo del defunto marito10; dall’altro è bene distinguere tra rapporto con gli antisemiti, giudizi sugli ebrei del suo tempo e giudizi sull’ebraismo11.
Chiarito quest’aspetto, l’autore è pronto ad affrontare la mastodontica critica all’Occidente avanzata da Losurdo attraverso la figura di Nietzsche (o «libro nero di Nietzsche»)12. L’opera dello storico della filosofia italiana rientra, insieme a quella del citato Mittmann, nell’ultima fase della ricezione politica nietzscheana. Si tratta di una critica radicale alla così detta «ermeneutica dell’innocenza» favorita dalla lettura postmoderna condotta sull’edizione filologica di Montinari (la quinta fase di cui sopra) da uomini come Foucault e Vattimo. La lettura losurdiana non sarebbe altro che un ampliamento postmoderno della visione hegelo-lucácciana13, che l’autore critica nel metodo, nella concezione di base (Nietzsche quale «aristocratico radicale») e, soprattutto, negli effetti politici (il suo «antisemitismo radicale»)14. Losurdo non si limita a mostrare Nietzsche come uno dei padri putativi dell’Occidente imperialista, ma condanna anche senza attenuanti la tradizione liberale (compiendo arditi confronti tra il filosofo sassone e i così detta maestri dell’acquiescenza storica)15 e l’apologetica della rivoluzione (sposando in tal senso il parallelo di Nolte tra Nietzsche e Marx), che ne avrebbero sminuito l’importanza16. L’esito dell’interpretazione losurdiana è la «globalizzazione di Nietzsche»17? Sì, ma è anche un punto di non ritorno:
Non si può tornare indietro, perché i problemi affrontati sono reali e gli interrogativi che ne derivano vanno affrontati. Ma non si può nemmeno andare oltre, cioè accogliere interamente le tesi proposte, per poi avanzare nella stessa direzione: se si prosegue sul percorso indicato da Losurdo, Nietzsche viene catapultato non solo nel Novecento tedesco, ma nella storia globale del secolo dei genocidi e addirittura condannato per «concorso esterno», fattispecie giuridica ad alto rischio e persino di ardua definizione. Alla fine diventerebbe predominante un anacronismo sistematico che è la negazione dell’analisi storica, che distingue e valuta all’interno di un quadro probatorio basato sui testi dell’autore e sul contesto dell’epoca18.

Né dunque una beatificazione postuma, né un rogo purificatore, ma la fuoriuscita dalla logica processuale (e ideologica) che ha accompagnato la figura di Nietzsche nel «secolo breve». L’A. si appella dunque a un lavoro di ermeneutica storica dei testi che passi, per esempio, da un’analisi della ricezione dell’opera nietzscheana (percorso già inaugurato dall’opera di Krummel) e dagli auspici espressi alcuni anni or sono da autori come Eckhard Heftrich o Mazzino Montinari: fuoriuscire da una storia giustiziera e/o giustificatrice a favore di una storia comprendente non troppo lontana dai dettami di Benedetto Croce19.
L’auspicio espresso da Ferrari-Zumbini sarà raccolto dagli studiosi di Nietzsche? Difficile a dirsi, anche perché pare proprio che il filosofo sassone continui a riemergere carsicamente ogniqualvolta ci sia il bisogno di individuare i precursori di un movimento e/o di un grumo di idee. La ricezione nietzscheana è stata tutt’altro che lineare, come ha dimostrato il dibattito intercorso nel Terzo Reich fra Baeumler e Steding. Tutt’altro che facile è capire quanto sia stato l’autore a favorire un certo messaggio o piuttosto le esigenze dei lettori: per esempio, se non fosse scoppiata la Grande Guerra, Nietzsche avrebbe continuato la strada europeista tracciata da Kessler oppure sarebbe stato comunque preda del pangermanesimo? Resta da chiedersi perché in molti abbiano sentito l’esigenza di appellarsi a lui in date situazioni storiche e se sia possibile nel panorama italiano un regesto bibliografico ampio come quello condotto da Krummel20.





NOTE


1 Cfr. M. Ferrari-Zumbini, Untergänge und Morgenröte. Nietzsche-Spengler-Antisemitismus, Königshausen & Neumann, Würzburg, 1999.^
2 Cfr. Idem, Le radici del male. L’antisemitismo in Germania da Bismarck a Hitler, Bologna, Il Mulino, 2002.^
3 Cfr. Idem, Nietzsche. Storia di un processo politico (dal nazismo alla globalizzazione), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2011, pp. 9 ss.^
4 Cfr. ivi, p. 33.^
5 Cfr. ivi, pp. 36 ss.^
6 Cfr. ivi, pp. 47 ss.^
7 Cfr. ivi, pp. 67 ss.^
8 Cfr. ivi, pp. 165 ss.^
9 Cfr. ivi, pp. 203 ss.^
10 Cfr. ivi, pp. 215 ss.^
11 Cfr. ivi, pp. 223 ss.^
12 Mi permetto di rimandare alla mia recensione del volume di Losurdo: Nietzsche come educatore? Nodi, problemi e prospettive sollevati dalla recente biografia tota politica di Domenico Losurdo, in «L’Acropoli», 5 (2004), pp. 583-591.^
13 Cfr. Ferrari-Zumbini, Nietzsche…, cit., pp. 241 ss.^
14 Cfr. ivi, pp. 255 ss.^
15 Cfr. ivi, pp. 273 ss.^
16 Cfr. ivi, pp. 284-287.^
17 Cfr. ivi, pp. 289 ss.^
18 Cfr. ivi, p. 308.^
19 Cfr. ivi, pp. 312-313.^
20 Cfr. M.A. Stefani, Nietzsche in Italia. Rassegna bibliografica (1893-1970), Roma, Carucci, 1975. Per un quadro d’insieme di Nietzsche nella stampa socialista, mi permetto di rimandare alla postfazione della mia curatela Volontà di potenza. Percorsi del “superuomo nietzscheano” nella cultura socialista italiana (1895-1915), Milano, M&B, 2008, pp. 199 ss.^
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